In questo articolo voglio raccontarti l’evoluzione della Psiconaturopatia, un approccio che ho proposto nel 2013 con l’intento di integrare la Psicologia con altre forme di intervento naturale, come la naturopatia e la medicina naturale, olistica e quantistica. Nel nome della disciplina ho evitato di utilizzare il termine “olistico”, poiché ritengo che sia stato inflazionato e abusato nel corso degli anni. L’obiettivo era creare una connessione profonda tra mente, corpo e spirito, differenziandomi da altre proposte simili attraverso un focus sul lavoro su se stessi, la formazione e la selezione rigorosa degli operatori.
Per me, è stato fondamentale che chiunque volesse entrare a far parte di questo progetto non si limitasse a possedere titoli accademici ottenuti presso scuole riconosciute, ma fosse anche disposto a proseguire una formazione continua e sostanziale. Questo approccio trae origine dalla mia esperienza personale prima della laurea in Psicologia, maturata presso una clinica naturale in Germania negli anni ’80. Lì, ho potuto vedere in azione un’integrazione pionieristica tra medicina naturale, omeopatia, psicologia e pratiche spirituali come il lavoro sui chakra, la guarigione spirituale, la dieta vegetariana biologica e il digiuno. In quella clinica, tutti gli operatori erano chiamati a lavorare su se stessi, un aspetto che ho trovato essenziale per il buon andamento del lavoro clinico e che mi ha profondamente ispirato.
Quando mi sono laureato in Psicologia nel 1996 ho trovato molto difficile replicare un simile modello qui in Italia. Tuttavia, nel corso degli anni, ho sperimentato varie forme di integrazione, scoprendo i limiti del mondo olistico, da cui mi sono poi distanziato definitivamente nel 2018. Ho cercato di coniare un termine neutro che non evocasse ricordi o preconcetti nelle persone, anche se alla fine il nome “Psiconaturopatia” rispecchia l’integrazione di diverse discipline, non solo la naturopatia e la psicologia.
La Psiconaturopatia non si focalizza sull’intervento su patologie gravi, come accade nella medicina psicosomatica, ma piuttosto sulla prevenzione primaria, secondaria e terziaria, nonché sull’intervento su disturbi infraclinici. Questo significa che ci occupiamo di situazioni che non sono ancora diventate patologiche, utilizzando eventualmente anche interventi medici tradizionali o alternativi per arrivare a una diagnosi e stabilire se sia necessario un intervento specialistico oppure se si possa fare prevenzione.
Il malessere che i clienti portano con sé spesso non riguarda una patologia conclamata, ma piuttosto un bisogno di sviluppare capacità di autoguarigione e autogestione della propria salute, senza delegare passivamente a un medico. Con la pratica, ho notato che l’accettazione, che non è passività, il perdono, che non è solo religioso e la priorità data alla salute, intesa non solo come benessere fisico, ma psicofisico e spirituale, portano a risultati migliori e più duraturi.
Un altro aspetto fondamentale è la collaborazione tra operatori, che deve avvenire in un clima di stima e rispetto reciproco, senza competizione. Nei casi più lievi, l’integrazione tra naturopatia, omeopatia e una psicologia preventiva può ridurre il sovraffollamento dei servizi sanitari, contrastando l’abuso di psicofarmaci e la scarsa educazione sanitaria. L’alterazione del sistema immunitario e la somatizzazione di emozioni negative, come la rabbia, possono avere effetti molto negativi sul corpo ed è qui che il nostro lavoro di prevenzione e intervento diventa cruciale.